Direzione liberazione

La valle del Meria è una ruga profonda sul visto increspato della Grignetta, che dal lago risale con le sue chiome di faggi e castagni fino al limite del bosco. Poche nuvole mattiniere trascinano il loro mantello bianco sul pavimento azzurro del cielo, su cui danza una coppia di nibbi che sembra inciampare e rialzarsi di continuo. Sotto ai tetti, le prime rondini. Lo zaino pesa sulle spalle e tra le mani nessuna cartina ci indica la giusta direzione; scopriremo la nostra passo dopo passo, da un luogo all’altro, da persona a persona.
 
Tra le rocce di calcare della valle – un tempo remoto fondale marino – i partigiani si nascondevano come murene pronte all’azione, risalendo lungo i versanti fino in superficie. Noi camminiamo lungo gli stessi sentieri, calpestando le stesse rocce lungo quella direzione che ha portato alla liberazione. Lo facciamo centrandoci su noi stessi attraverso il confronto con l’altro, danzando come nibbi tra valori, talenti e bisogni: coordinate che segnano la nostra traiettoria di volo. Il Meria saltella tra le rocce e il suo rumore non è così distante da quello sussurrato dalle foglie di betulla, capaci di prendere a braccetto il più sottile fiato di vento. Seduti in cerchio anche noi vibriamo in sintonia, siamo foglie alla ricerca della giusta brezza a cui affidarci per poterci liberare. Da cosa? – Ci siamo chiesti.
 
Torniamo ad accarezzare la valle e forse anche i nostri limiti, fisici e non. A monte, la Grignetta ci mostra l’ultimo lenzuolo di neve, a valle il lago si prepara ad accogliere il tramonto. Due nuvole minacciano la vallata con la sfrontatezza di chi non sa che lì, un tempo, era tutto mare. Noi lo sappiamo e forse per questo ci sentiamo liberi di immergerci nei nostri abissi, toccando i limiti più profondi. E come dopo aver trattenuto il fiato a lungo, torniamo in superficie d’impeto, raccogliendo tutto l’ossigeno possibile a bocca spalancata, insorgendo dai nostri fondali più melmosi. Un tempo, in questa valle, c’erano onde così alte da sfiorare le cime e lunghe murene che risalivano i versanti.
 
Noi, tra le rughe di roccia della Grignetta, abbiamo ballato come il nibbio e vibrato come la foglia della betulla, mentre il torrente saltellava, dentro di noi qualcosa cambiava.

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