Piccola, grigia e famelica è la nave che da Bastia salpa per Santa Teresa. È una piccola orca che inghiotte macchine, moto e proprietari abbronzati, profumati e in fila per essere masticati.
Davanti a me sono allineate una Polo marrone polpetta, un Iveco bianco panna e un camion a rimorchio color caffè lungo. La mia bici è un ossicino che facilmente s’incastra tra i denti e per questo viene legata a più mandate al palato sinistro dell’orca. Giovanni accenna a del lavoro che lo porta a pendolare tra Corsica e Sardegna appena prima d’essere inghiottito. Continueremo la conversazione dopo la masticazione: non sta bene parlare con la bocca piena.
Non so se esistano i merli di mare ma Giuseppe ci assomiglia molto. Cappello nero, camicetta nera esplosa sul petto da un rovo di peli neri, pantaloni, scarpe, occhiali e occhi neri e carnagione abbronzata. Manca il becco arancione, ma voi l’avete mai visto un merlo di mare?
Anche a Giuseppe piace l’inverno, quello di Cortina e delle sue discese innevate s’intende.
– I miei due figli gestiscono i cantieri in Corsica, io mi occupo di quelli in Sardegna. Sono stato spesso dalle tue parti: Torino, Brescia, Milano…
– Sì, non sono proprio di lì… – Puntualizzo.
– Non ti offendere eh, ma al Nord mi sembra tutto uguale.
– Non mi offendo, ti sei salvato con il sembra! – Sorride.
– Una cosa so: per capire la vita bisogna girare il Mondo. Ora i giovani (constato di non essere stato compreso nella categoria) pensano a vedere i grattaceli di New York, ma che senso ha se non conosci il nome del monte che ti sta di fronte?
È di una geografia più ampia che parla Giovanni, una cartina che forse tocca territori tutti suoi.
Mi piace coltivare la confidenza. Nell’orto della relazione, concedo qualche seme e innaffio il terreno con autoironia. Osservo il modo di zappare dell’altro e ascolto i racconti di raccolti personali senza giudicarli. Non m’importa se siano veri o meno, se da quei raccolti la persona si sia nutrita o no. A me importa che sia reale per lei nel momento in cui ci parlo. L’ascolto è una vanga gentile: arieggia il terreno portandone alla luce gli angoli più aridi, dandogli nuova vita. Nasce così la confidenza, messa nelle mani dell’altro come un frutto dal sapore dolce di fiducia.
Il mare ha poco mare e l’orca mastica l’acqua senza sbattere la bocca. – Una volta ero a Bonifacio e dovevo tornare a Santa Teresa. Pensa che c’era così tanto mare che sono dovuto rimanerci per quattordici giorni di fila!
– Quattordici giorni di seguito senza che partisse una nave! – Rimarco io.
– Giuro! Onde alte due metri! – Dice Giovanni. – Questo tratto di mare è tra i più pericolosi al Mondo sai? Sono le Bocche di Bonifacio. – Che masticano e ingoiano tutto quello che in superficie galleggia.
Confesserà con il vangare della conversazione che le onde alte ci furono, ma sì e no due giorni. Fu poi una donna a cambiare rotta al suo timone; le onde emotive erano così alte da rendere la nave ingovernabile e spingerlo a cambiare tratta. – Più nessuno, a Santa Teresa, mi avrebbe fatto attraccare. – Dice con altre parole.
La nave sta arrivando a destinazione. – Sai quanto è profondo il punto più alto delle Bocche di Bonifacio? – Chiede Giovanni.
– Non so, mille metri? – Rispondo pensando al teorema senza fondamento, ma dal fondale profondo, per cui se le onde sono alte, il fondale sarà altrettanto alto.
– Macché! – Ride. – Si e no 60 metri.
– Praticamente Sardegna e Corsica sono la stessa isola…
– Non so, certo si trovano bene!
Risponde prima di raccattare le sue due cose e scendere di corsa nello stomaco dell’orca urlandomi che ci saremmo visti una volta sbarcati, cosa che non accadrà.
Tramonta e la nave attracca. Aggrappato al parapetto vedo uno stretto lenzuolo di mare nascondere le mani unite delle due isole amanti. In mezzo, le Bocche che attendono il loro momento di confidenza, per dichiararsi alla luce di questo sole rosso d’imbarazzo.