I Corni di Canzo sono tre. Non due, non quattro. Tre. Quando scendo per Lecco conto i Corni e se arrivo a tre, non due e non quattro, so che la giornata sarà tutta in discesa – dice una mia amica campionessa mondiale di discesa libera nella vita.
Uno. Non due, non tre. Conto e riconto ma quello è il numero: uno. Nuvole fameliche inghiottono i Corni e le mie aspettative, caricando i miei zaini di acqua e ansie non richieste. A Canzo è rimasto un Corno soltanto e già so che la mia giornata sarà tutta in salita. Sono campione mondiale di salita libera nella vita.
In Piazza Cermenati – dove scopro che la statua al centro non è del Manzoni ma del Cermenati – attendo tre ore sotto ad un balcone che la pioggia sventoli la bandiera del via. Non due, non quattro. Tre ore precise ad osservare gocce bombardatrici distruggere il mio morale già sottoterra, dove per lo meno non piove. Serve concentrazione. Serve rubare all’attesa la sua innata capacità di aspettare senza pensare al futuro e alle sue previsioni. Serve non pensare al passato, che rovista nei cassetti del presente e lascia tutto in disordine. Ho bisogno di chiudere gli occhi e sentire l’acqua comporre cerchi concentrici, uno dentro l’altro, senza alcuna interferenza. Una ragazza mi chiede se è tutto ok e la bandiera sventola il via. – Si, grazie.
[…] già so che la mia giornata sarà tutta in salita. Sono campione mondiale di salita libera nella vita.
Scorro a fianco della Valassina che ricordo essere il nome di una valle e non di una superstrada. L’ambiente deve sempre mettere il bastone tra le ruote, che girano veloci e senza possibilità di fermarsi. Scrollare, ordinare, produrre, trasportare, consegnare, scartare, sentire la dopamina scorrere e poi postare. Torrenti di dopamina. È la descrizione di come ho ordinato la mia bicicletta e della mia ipocrisia. Sono a Milano giusto per l’aperitivo che mi riequilibra un poco. Il qui ed ora sa di Campari.
E comunque la città mi piace. C’è un cartello salendo in Valsassina che cita: Valsassina, la montagna di Milano. Mi piace l’egocentrismo milanese, é simile alle gocce d’acqua che non mi facevano partire. Alla quarta media ho infatti seriamente pensato di restare. E invece il giorno dopo parto per Voghera.
Mi si affianca un ragazzo di Torino su bici pieghevole. – Dove vai? – Sull’Etna. – Ah! Io in stazione. Vuoi aumentare un po’ il passo? Ho 400 watt nelle gambe. – …In che senso? – Nel senso che erogo una potenza di 400 watt – Io tra due giorni sono a Voltaggio, in provincia di Alessandria. C’entra qualcosa? – Ride e dice che mi seguirà su Strava. Rispondo che non ce l’ho. Ti saluto, giro di qui! – Se pedali, Strava è essenziale per le relazioni sociali.
Il Naviglio Pavese mi riporta indietro lungo la Via Francigena. I pescatori impugnano le stesse canne di allora. – Eccomi qui, ti ricordi di me? Ci siamo visti tre anni fa. Ti chiesi se i Cavedani guardano sempre al passato della sorgente e scodinzolano al futuro della foce. Hai trovato la risposta? – Avrei voluto chiedere. – Certo che mi ricordo di te. Sei poi arrivato dove volevi? – Più o meno. Ma i pesci? – Avrei insistito. – I pesci hanno la capacità di rimanere per ogni cosa a bocca aperta. Altro non so. Hanno la meraviglia negli occhi spalancati – Avrei voluto sentirmi dire. – Preso niente? – Ho chiesto. – Macché, ne ho perse ventisette da questa mattina. Serve concentrazione. – Guardo il Cavedano che passa e non mi accorgo della Carpa che abbocca. – La Carpa abbocca in modo diverso dal Cavedano sai? – E a lei da fuori che cambia? Non deve solo tirare? – Anche lei mi pare debba solo pedalare, no? – Avrei voluto sentirmi rispondere. – In bocca al lupo si dice? – Meglio di no! – Abbocca la carpa, allora! – Persa.
Radler è la traduzione tedesca di ciclista. Io che non lo sono, ne bevo più che posso in Piazza Pavia per diventarlo e raggiungere Voghera, perla lombarda rinchiusa in un’ostrica. Dormo al caldo d’una stanza dove mi cullo tra i vorrei: essere al centro di tanti cerchi concentrici, essere un pesce che mastica la Meraviglia ed essere la Valassina che collega le montagne alla loro Milano. Vorrei riuscire a fermarmi ad occhi spalancati quando sto bene e concentrarmi su questa Meraviglia.
2 Responses
Paolo, sará molto dura da qui all’Etna, ma tu mi sembri motivatissimo e ce la farai alla grande a raggiungere il tuo obiettivo. Un viaggio di crescita sicuramente, te lo auguro fortemente. E quindi Abbocca la carpa Paolo
Complimenti…anche per il tuo modo di scrivere…accattivante!!!